Rimasero senza fiato, paonazzi in viso, la terra nelle scarpe e sotto le unghie. La campagna selvaggia da qualche mese si apriva per fare posto a giovani filari di vite. Una corsa improvvisa, senza mai voltarsi in dietro, convinti che oltre la grande roccia a forma di naso – indicata dai genitori come il limite invalicabile delle loro avventure – ci fosse una misteriosa presenza.
Toni e Romeo, ora che erano abbastanza distanti, avvolti e protetti da quella natura che conoscevano a menadito, agitati guardavano le piante più fragili. La loro immaginazione era volata verso il leggendario passato, i racconti crudi ed eroici sui briganti della zona, usciti dalle bocche impastate dei nonni nei lunghi e afosi pomeriggi d’estate.
“Nel 1861 Ia pagliaia di contrada Colli, Fontana Greca e il bosco Ferrarise costituivano le località di sosta e di riposo dei briganti. Bastava soddisfare le loro poche e semplici richieste e non avrebbero fatto del male a nessuno degli abitanti di quei paesi e di quelle contrade. Erano pronti a lottare fino alla morte per la loro terra, ma non potevano rinunciare ad un buon bicchiere di vino per rinfrancare lo spirito”.
“Negli anni in cui avveniva l’unità d’Italia, la zona dove sorge la casa e l’azienda di famiglia fu definita con un editto Terra di Briganti. Sanguinari eventi ebbero luogo a poca distanza, nel paese di Casalduni, durante il doloroso processo che vedeva il nascente stato moderno piegare gli usi e costumi dei locali, le loro risorse. I più fieri e temerari si organizzarono per resistere, per difendere la loro libertà e le terre dove erano nati da quello che veniva percepito come un saccheggio perpetrato da popoli invasori. I briganti, uomini e donne, con grande abilità facevano suonare le loro armi, e altrettanta disinvoltura dialogavano con la natura intricata e selvaggia, adattandosi a vivere alla macchia.”